lunedì 13 dicembre 2010

IO e... l'Altro Natale

Gesù nacque a Bethlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Bethlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:


E tu, Bethlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele.


Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Bethlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

(MT 2, 1-12)



Ci sono tutti gli ingredienti per trasformare questa pagina in un racconto avventuroso, da inserire nel catalogo degli episodi che leggiamo volentieri. Ci sono personaggi misteriosi, quasi fiabeschi, un viaggio che accende la fantasia, una stella, un attimo di suspense, un re crudele regolarmente gabbato, dei doni principeschi e l'immancabile «lieto fine». Invece, a esaminarla attentamente, non è per nulla una pagina riposante. Al contrario, una pagina scomoda. Per rendercene conto, sarà sufficiente mettere a fuoco questo viaggio nei suoi aspetti più ostici, ripulendolo, naturalmente, da quella cornice romanzesca che gli abbiamo affibbiato. Questo episodio è una delle tante sconvolgenti sorprese del Vangelo.


PRIMA SORPRESA: LA STRADA

I Magi hanno visto la stella, Ne hanno seguito il richiamo. Ma la stella non li ha accompagnati a passo a passo. Per eliminare tutte le incertezze, tutte le difficoltà del cammino. Hanno percorso la loro strada, affrontandone i rischi, le oscurità, i dubbi, gli imprevisti. Hanno vissuto fino in fondo la loro avventura. La nostra tentazione, nella vita cristiana, è di pretendere una strada sicura, diritta, perfetta, una specie di autostrada dello spirito. Con cartelli segnaletici ben visibili e completi di indicazioni di ogni genere. Semafori collegati direttamente al cielo, che ci diano, senza possibilità di equivoci, il segnale verde di via libera oppure ci impongano perentoriamente il rosso dello stop. Soprattutto pretendiamo una strada sempre perfettamente illuminata. Pretendiamo una risposta esatta, sicura per ogni genere di problemi, quasi che il cristianesimo fosse una macchinetta automatica dispensatrice di risposte prefabbricate; e bastasse inserire il gettone della richiesta e premere il bottoncino.


Pretendiamo la pace.

E il Signore ci presenta, invece, la spada. E il Signore si diverte a mandare in frantumi la nostra pace effimera e provvisoria, come un vaso di cristallo colpito da una sassata. Tocca a noi ricomporlo faticosamente, pezzo per pezzo. La pace è una conquista, non qualcosa che piova dal cielo senza lotta, senza drammi. La pace è al di là, non al di qua delle scelte più impegnative. Nei nostri ambienti c'è una autentica inflazione di pace fasulla, fondata sull'inerzia, l'ipocrisia, le dimissioni più vili dai nostri impegni di sincerità, coerenza e fedeltà. Urge far crollare queste "paci" poco cristiane. Dobbiamo agitare, scaraventando dentro dei macigni, le acque stagnanti. Il cristianesimo può essere un torrente impetuoso o un fiume maestoso, mai uno stagno che nasconde ogni genere di marciume o di vegetazione sospetta. Dobbiamo fabbricarci la pace con le nostre mani, pezzo per pezzo, passando attraverso le bufere, accettando le conseguenze e i rischi di certe scelte, facendo fino in fondo il nostro duro mestiere di cristiani. Soltanto così la pace sarà una cosa nostra, che nessuno potrà toglierci.


Pretendiamo la luce.

Tutto chiaro. Tutto esatto. Tutto perfettamente logico. Ma il cristianesimo non è una matematica. E la sua geografia è una geografia piuttosto strana (loca, direbbero gli spagnoli), sempre imprevedibile. La verità non è un capitale depositato in banca, cui possiamo attingere in ogni momento e che ci mette al riparo da tutti gli imprevisti. Non è neppure un guanciale su cui possiamo schiacciare sonni tranquilli. La luce? Ma che cos'è questa ricerca infantile, pignola, ossessionante della luce a ogni costo? Perché non accettiamo serenamente, anche se dolorosamente, di camminare al buio, di illuminare gli altri anche quando dentro di noi si sono addensate le tenebre più tragiche? Ma avremo tutta l'eternità, tutto il Paradiso per contemplare la luce senza ombre ... (perché... non dobbiamo mica disperare di arrivare in Paradiso. Pare, stando ad alcune indiscrezioni fornite dai mistici, che là ci sia posto anche per i cristiani!). Accettazione, quindi, della nostra strada. Che è sempre una strada scomoda, irta di difficoltà, di imprevisti e di sorprese. Saper camminare al buio, accettare il rischio, gustare l'avventura cristiana in tutta la sua drammaticità. Si sbatte il naso! Che importa? I martiri sono arrivati di là con qualcosa di più del naso ammaccato.


SECONDA SORPRESA: I PROFESSIONISTI DELLA LEGGE

I Magi pensavano di essere arrivati in porto, una volta a Gerusalemme. Là c'era un re, c'erano i sacerdoti, c'erano gli esperti della Legge, che dovevano pur sapere qualcosa del bambino. Invece, grossa sorpresa ...

Altro paradosso: gli elementi inanimati adempiono fedelmente alla loro funzione di «segno». La stella svolge con esattezza il proprio compito di «segno» della nascita del Salvatore. L'uomo, capolavoro della creazione, rifiuta di diventare un «segno» del Cristo. Noi... siamo «segni» oppure nascondiamo tante volte, con la nostra spaventosa opacità, il volto del Cristo? Ancora. Gli scribi e i sacerdoti hanno offerto ai Magi una risposta puramente dominale, teorica, libresca, esatta fin che si vuole, ma sempre una risposta fredda. Molto meglio avessero potuto rispondere: noi ci siamo già stati; vi accompagniamo noi a quella casa. Oggi il mondo attende da noi una risposta vitale e rifiuta decisamente una risposta esclusivamente teorica. Se gli uomini ci chiedono conto del Cristo, del luogo dove lo si può trovare, del suo messaggio, delle sue beatitudini, delle virtù da lui praticate, dobbiamo saper dare una risposta basata sulla nostra esperienza personale, pagata con la vita, sofferta nella nostra carne.


È troppo facile fare i cartelli stradali, che indicano la direzione esatta, ma che in quella località non ci sono mai stati. È troppo comodo parlare di una geografia dove non abbiamo mai messo piede. è ingiusto ricamare chiacchiere su una Grotta, mentre viviamo al calduccio della nostra casa, coi vetri appannati dalle nostre astruserie mistiche e ideologiche o dal nostro spirito borghese, che ci impediscono di bruciarci gli occhi alla realtà troppo scomoda che ci circonda. Attenti a non trasformarci in oracoli dispensatori di risposte bell'e fatte per tutti i problemi, per tutte le difficoltà. Mentre noi certi problemi, certe angosce, certi drammi non li abbiamo mai vissuti. Non li abbiamo mai sofferti dolorosamente. Non ci hanno mai tolto il sonno e l'appetito. Cerchiamo di buttar fuori meno parole, ma di essere piuttosto «compagni di viaggio».


TERZA SORPRESA: BASTANO QUEI DONI?

Si saranno accorti, i Magi, che i loro doni erano spaventosamente insufficienti rispetto alla grandezza del Bambino? Poteva bastare il loro incenso, il loro oro, a loro mirra a controbilanciare l'amore di quel Bambino? è l'ultima, dolorosa sorpresa ... L'inadeguatezza del dono rispetto al «destinatario». C'è un pensiero di sant'Ambrogio che mi toglie il respiro: «Dio non bada tanto a quello che gli doniamo, quanto piuttosto a ciò che riserviamo per noi». Adesso, chi può essere soddisfatto dei doni che ha offerto al Signore, si accomodi pure...


***

Da un po' di tempo le pagine evangeliche, anche quelle che leggo nelle feste «così care al nostro cuore», mi tolgono la pace. Meno poesia e più rimorsi. Forse è un segno di maturità cristiana. Non riesco più a perdermi in fantasie dietro la stella dei Magi. Rimango piuttosto inchiodato dall'asprezza del loro cammino, rimango stordito dalle «sorprese» del loro viaggio. Strano. Dio ha impiegato quattromila anni a preparare il popolo eletto. L'ha colmato di attenzioni. Gli ha inviato, a intervalli, i profeti, incaricati di tenere desta l'attesa. E quando il Cristo è venuto, la prima adorazione solenne e ufficiale gli è stata fratta da gente estranea a quel popolo, da Gentili. Che non capiti la stessa cosa a noi. Troppo coccolati dalla grazia, sprofondati nella bambagia di Dio, potrà un giorno arrivare qualcuno, da sponde molto remote, e chiederci informazioni sul conto di quel Bambino. E noi dovremo confessare, con vergogna, che non l'abbiamo mai incontrato per davvero, in quella Grotta non ci siamo mai stati. E quelli ci arriveranno prima di noi. E non torneranno neppure indietro a dirci di quella loro scoperta.

[da vangeli scomodi]